La sindrome del bambino scosso: cos’è?

22.01.2022

Quante volte vi sarà successo di non poterne più di sentir piangere il vostro bambino: «Ma come?! Ti ho appena cambiato, allattato e coccolato. Non ce la faccio più! Cosa vuoi?!». E poi potrebbe venirvi spontaneo prenderlo in braccio e scuoterlo. Ecco, non fatelo mai. Potreste causare dei gravissimi danni al suo cervello. Il bambino piccolo, specialmente sotto i 2 anni di vita, ha una muscolatura del collo ancora poco sviluppata, non riesce a sostenere la testa e il cervello non è ben contenuto nella scatola cranica. Se viene scosso con forza, il suo cervello sbatte contro le ossa del cranio e può subire lesioni gravissime. È quella che viene comunemente chiamata Shaken Baby Syndrome o, più recentemente, Abusive Head Trauma, cioè la "Sindrome del Bambino Scosso" (SBS). Sono i bambini tra le 2 settimane e i 6 mesi di vita a subire maggiormente questa violenza fisica: è il periodo di massima intensità del pianto per il piccolo e la sua struttura muscolare è ancora decisamente molto debole e non permette di controllare bene il capo.Perché un adulto arriva a scuotere violentemente un bambino così piccolo? Spesso è la reazione a un pianto "inconsolabile" e apparentemente ingiustificato. In questi casi ci si può sentire impotenti e, specialmente in situazioni di stanchezza fisica e psicologica, si possono assumere comportamenti errati, nel tentativo di trovare una soluzione. Questo tipo di maltrattamento, in genere, avviene entro le mura domestiche. Sono gli stessi genitori, esasperati, o altre figure con cui si condivide l'accudimento dei bambini (nonni, babysitter, più raramente le educatrici dell'asilo nido) a cadere nel tranello di una "manovra consolatoria" apparentemente innocua e che invece si rivela molto pericolosa.Non c'è un limite di tempo e di energia stabilito con certezza, ma uno scuotimento energico, della durata anche di pochi secondi, può causare lesioni molto gravi, principalmente emorragie nel cervello e nella retina, in genere presenti in entrambi gli occhi. Tutto ciò viene favorito da alcune caratteristiche anatomiche dei bambini al di sotto dei 2 anni: il volume e il peso del capo in rapporto al resto della massa corporea (la testa rappresenta circa il 15% del peso corporeo), l'elasticità delle strutture scheletriche, il basso tono muscolare a sostegno del capo, l'elevato contenuto acquoso del sistema nervoso centrale ancora immaturo, la fragilità e immaturità della massa cerebrale.Le conseguenze che uno scuotimento energico può determinare variano da caso a caso. In genere, dipendono dalla gravità dell'abuso. Si possono arrecare danni permanenti molto gravi, fino alla cecità e a ritardi dello sviluppo neurologico. I sintomi più comuni sono vomito, inappetenza, difficoltà di suzione o deglutizione, estrema irritabilità, sonnolenza, assenza di sorrisi o di vocalizzi, rigidità nella postura, difficoltà respiratorie, difficile controllo del capo, fratture delle costole e delle ossa delle braccia.A volte, soprattutto durante i primi mesi di vita, il pianto del bambino può sembrare inconsolabile. Ma piangere è l'unico strumento che il neonato possiede per comunicare. Qualunque sia il motivo (l'avere fame, sonno, caldo o freddo, il bisogno di essere cambiato o di coccole ecc.), non bisogna mai scuoterlo per calmarlo, perché i danni che ne conseguono potrebbero essere gravissimi.Sono tante altre le soluzioni da mettere in atto:- Cullarlo nella carrozzina- fare un giro in macchina- Fargli un bagnetto rilassante- Contenerlo fisicamente piegando le gambette in modo che ritorni nella posizione fetale- Fargli sentire un rumore continuo, come un phon o un aspirapolvereSe il pianto non si ferma, diventa esasperante e non riusciamo più a gestirlo né a sopportarlo, la cosa migliore da fare è lasciare il bambino in un posto sicuro e allontanarci fino a quando non riacquisiamo un certo equilibrio, o chiedere aiuto ad altri membri della famiglia o agli amici. Se invece ci sono dei dubbi che il pianto sia causato dallo stato di salute del piccolo è necessario rivolgersi al pediatra.

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