La Diffusione del Primo Soccorso in Italia: servono più defibrillatori e più formazione

07.01.2021

La vita appesa a un filo. Il filo di un defibrillatore, un apparecchio in grado di far ripartire un cuore in arresto. Basta un apparecchio da un migliaio di euro per riportare sui binari corretti una vita che sta scappando via. Una vita destinata a finire e che non si interrompe grazie a un defibrillatore e qualcuno che sappia usarlo o che si senta di farlo seguendo le indicazioni telefoniche del 118. Una tecnologia capace di salvare la vita, la cui potenzialità sono però spesso compromesse da problemi organizzativi, culturali, legali, di sistema. Tutti limiti che sarebbe possibile rimuovere o mitigare ma che in Italia, e soprattutto in alcune zone d'Italia, non si riesce neppure a intaccare. La finestra temporale è corta, circa 5 minuti dall'evento: è facile che un'ambulanza non arrivi sul luogo del malore in tempo, è necessario che intervenga chi sta attorno alla persona in arresto: mentre qualcuno inizia già le prime verifiche e parte con il massaggio cardiaco, qualcun altro deve cercare di recuperare un defibrillatore e portarlo sul posto. Una scarica elettrica è in grado, molte volte, di dare lo spunto al cuore per ripartire, quanto basta per dare il tempo all'ambulanza di arrivare sul posto e stabilizzare il paziente, prima di portarlo in ospedale. Per il successo dell'operazione, i fattori chiave sono la capillarità delle macchine sul territorio e la disponibilità di tanti "laici" (cioè cittadini non appartenenti alle professioni sanitarie) abilitati all'utilizzo del defibrillatore e formati sui principi di primo soccorso.
Nei Paese del nord Europa sono stati posizionati molti defibrillatori in modo oculato, è stato reso obbligatorio nelle scuole l'insegnamento del primo soccorso e della rianimazione cardio-polmonare, gli operatori di centrale sono stati addestrati per dare indicazioni a chi chiama i soccorsi per intervenire in prima persona.
In Italia, non esiste un'anagrafe nazionale dei defibrillatori posti in aree accessibili al pubblico. O meglio, esistono iniziative di mappatura locale, legate a città o al massimo a regioni. Esistono molte app di mappatura dei DAE sul territorio, potenzialmente funzionanti in tutta Italia, ma l'inserimento dei defibrillatori nella directory è lasciato alle libere segnalazioni, che ovviamente sono rare e comunque non concentrare in una sola app. Così, salvo rare iniziative locali, non c'è possibilità di conoscere centralmente dove sono i defibrillatori e quindi neppure è possibile valutare se ci sono aree scoperte. In Italia nessuno può dire con precisione quanti defibrillatori ci sono e quanti di essi sono ancora efficienti e in funzione, l'installato presunto si attesta intorno a 100-150mila unità, di cui solo una parte accessibili al pubblico in caso di urgenza. Soprattutto non si sa quanti di questi sono ancora efficienti e funzionanti. Piacenza è stata la prima in Italia che, sul modello di Seattle, ha realizzato una città cardioprotetta. È stato fatto un lavoro per distribuire i defibrillatori in maniera ottimale in tutta la città, coordinandone la collocazione e gestendone un'anagrafe. Sarebbe ragionevole pensare che dove ci sia una presenza di persone rilevante sia possibile trovare facilmente un defibrillatore. Infatti, dovendo ragionare a risorse finite, se va posizionato un DAE a libero accesso, questo andrebbe messo vicino a dove può verificarsi un evento di arresto cardiaco; e questo avviene - statisticamente - dove c'è un numero maggiore di persone. Anzi, verrebbe da pensare che sia sensato un obbligo di dotazione del defibrillatore per i luoghi con grande presenza di persone. E invece no: in Italia non c'è alcun obbligo di presenza di defibrillatore, neppure nelle scuole, dove fa rabbrividire il fatto che eventuali eventi avversi sui bambini, seppur rari, possano capitare senza che siano disponibili in loco le armi per combatterli. Per questo aspetto si è legati ad iniziative locali. Lo stesso per centri commerciali, supermercati, stazioni, grandi città: chi ha i defibrillatori lo fa su base volontaristica e per azioni illuminate, non perché esista alcuna prescrizione in tal senso.
(Fonte : https://www.dday.it/ )

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